Lo scenario mondiale resta molto favorevole: si è fatta ancor più elevata la dinamica dell’attività produttiva e degli scambi internazionali.
Sono pure più alti i rischi legati alla forte incertezza politica, alimentata tra l’altro dalle scadenze elettorali dei prossimi dodici mesi. Dal loro esito può concretizzarsi una combinazione che configuri per la moneta unica europea una decisa svolta, in un senso o nell’altro; campagne in corso e risultati si influenzano reciprocamente.
Gli Stati Uniti marciano a passo più spedito trainati dalla domanda interna; gli ordini e la fiducia, entrambi su livelli molto elevati, promettono che l’alto ritmo si manterrà nei prossimi mesi. Quando le misure espansive promesse dalla Amministrazione Trump divenissero effettive, è possibile un surriscaldamento, data la bassa disoccupazione; si tratta, tuttavia, di un’eventualità ancora remota. La Cina prosegue nella direzione di un atterraggio pilotato su una velocità più sostenibile, la Russia è tornata su un sentiero di vivace ripresa, l’India sta riassorbendo i contraccolpi della riduzione dell’uso del contante di grosso taglio e il Brasile rimane in una dura recessione.
Nel complesso, i paesi emergenti stanno dando un contributo all’incremento del PIL globale più sostenuto di pochi mesi fa, in alcuni casi grazie al rialzo dei prezzi delle materie prime (anche non-oil); i mercati finanziari (anzitutto azionari) scommettono sul proseguimento di questi loro progressi, inattesi fino all’inizio del 2017.
Nell’Euroarea è confermata la sorprendente maggior crescita (prossima al 2% annuo), guidata da mercato domestico e ritrovata coppia Germania-Francia; permangono ampi i divari tra i paesi. L’Italia è fanalino di coda; sfrutta bene il più robusto traino esterno.
Perciò il PIL continua ad avanzare tirato dall’industria manifatturiera e dall’export, con una domanda interna che risente di instabilità politica e peggiori ragioni di scambio, ma beneficia degli incentivi fiscali, specie agli investimenti; il credito rimane erogato con il contagocce. I sentieri divaricanti dei tassi FED e BCE (che ha smentito ogni ipotesi di cambio di rotta) spingono il dollaro. Mentre quelli sui titoli sovrani iniziano a riflettere tensioni economiche e non.