Reggio Calabria, 16 febbraio 2018 – “Il rilancio delle infrastrutture nel Mezzogiorno appare come una delle principali priorità nell’azione che la futura classe dirigente nazionale è chiamata a svolgere ad ogni livello. Si tratta di una questione di fondamentale importanza per le imprese, specie con riferimento ai temi della competitività e dell’internazionalizzazione. Ovvero due asset strategici per far ripartire l’economia e l’occupazione nelle regioni del Sud”.
E’ quanto affermato dal presidente nazionale del Comitato per i problemi del Mezzogiorno e delle Isole dell’Ance, Francesco Berna nel corso dell’Assise generali di Confindustria ospitate a Verona. Berna, che è anche presidente di Ance Calabria, ha messo in evidenza la necessità di accelerare sui nodi che ancora frenano la crescita e lo sviluppo nel Mezzogiorno. “In particolare – ha detto – crediamo che sia quanto mai urgente completare il segmento terrestre, ferroviario e marittimo che fa capo al corridoio Scandinavo-Mediterraneo Helsinki-La Valletta e riaprire un confronto operativo in merito al ponte sullo Stretto. Un’opera, quest’ultima, irrinunciabile per interconnettere in modo moderno e funzionale Calabria e Sicilia al resto d’Europa e, nel contempo, garantire equilibrio ed efficienza all’intero sistema dei trasporti, sia delle persone che delle merci. Solo così potremo far fronte agli effetti della crisi che, dieci anni fa, ha investito l’economia italiana – ha sottolineato il presidente del Comitato Mezzogiorno di Ance – colpendo in misura ancor più aggressiva il settore delle costruzioni ed in particolare il settore delle opere pubbliche”.
Particolare attenzione, inoltre, è stata riservata dal presidente Berna alla questione dei fondi europei e nazionali della politica di coesione territoriale, definiti “un tassello fondamentale per l’attuazione di una politica industriale per il settore delle costruzioni e per il miglioramento delle infrastrutture del nostro Paese e della qualità della vita dei cittadini”.
In questa direzione Berna ha sollecitato un intervento di accelerazione della spesa di questi fondi “per evitare che, come in passato, le risorse siano spese soltanto negli ultimi mesi con progetti sponda che non hanno una vera strategia ma sopperiscono a emergenze di spesa. Occorre intervenire sulle regole degli appalti, per dare maggiore certezza alle stazioni appaltanti, e rafforzare le capacità di progettazione degli enti nonché la governance: non è possibile accontentarsi di livelli di spesa così bassi e lo Stato deve avere la capacità di sostituirsi agli enti inadempienti”.
Secondo le stime dell’Ance, le risorse destinate ad interventi di interesse del settore nell’ambito della programmazione 2014-2020 ammontano complessivamente a circa 44 miliardi di euro di cui 17 miliardi di euro dei programmi dei fondi strutturali europei e relativi programmi complementari e 27 miliardi di euro derivanti dal Fondo per lo Sviluppo e la coesione. “Purtroppo – ha stigmatizzato Berna – gli effetti di questi programmi sulla spesa per investimenti infrastrutturali appaiono ancora molto limitati. Solo il 5% di spesa per i fondi strutturali europei e per quanto riguarda il Fondo Sviluppo e Coesione, si continuano a registrare lentezze nell’avvio dei programmi infrastrutturali. A fine 2017, nell’ambito del Fondo europeo per lo sviluppo regionale, la principale fonte di finanziamento di progetti infrastrutturali, siamo al 5% di spesa in Italia a ben quattro anni dall’avvio dei programmi. Riuscire a fare ripartire gli investimenti pubblici – ha poi concluso Berna – significa aumentare il PIL di 0,5% ogni anno, significa passare dall’1,5% al 2% come sottolineato dal Ministro Padoan la scorsa settimana. Le nostre indicazioni operative al riguardo sono chiare: politica di bilancio più favorevole agli investimenti (“Golden rule”); velocizzare le procedure di spesa dei fondi pubblici, eliminando i passaggi al CIPE successivi all’approvazione del Documento pluriennale di pianificazione; eliminare le inutili duplicazioni di passaggi decisionali tra i ministeri; potenziare le strutture di missione esistenti; razionalizzare le attività di controllo della Corte dei Conti”.