I contratti collettivi di lavoro possono solo disciplinare i casi di utilizzo del lavoro intermittente ma non possono spingersi fino a vietare il ricorso a tale forma contrattuale.
E’ quanto ha indicato L’Ispettorato Nazionale del lavoro (INL) con recente nota in applicazione delle indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro.
Alla contrattazione collettiva è, infatti, demandata l’individuazione delle sole “esigenze” che giustificano il ricorso al contratto intermittente, senza riconoscere esplicitamente alle parti sociali alcun potere di interdizione in ordine alla possibilità di utilizzo di tale tipologia contrattuale.
Alla luce di tale orientamento, l’Ispettorato ha chiarito che l’attività di vigilanza non terrà conto di eventuali clausole sociali che si limitino a “vietare” il ricorso al lavoro intermittente.
Nel caso in cui, infatti, alcuni contratti collettivi dovessero vietare tale forma contrattuale, ferme restando le indicazioni già fornite in ordine all’inefficacia delle clausole contrattuali in materia da parte di contratti sottoscritti da soggetti privi del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi, l’attività di vigilanza sarà orientata a verificare se il ricorso al lavoro intermittente sia, invece, ammissibile in virtù della applicazione delle ipotesi c.d. oggettive individuate dalla vigente normativa o, in alternativa, quelle soggettive previste.
Per ogni chiarimento e supporto in materia di utilizzo del lavoro intermittente è possibile rivolgersi agli uffici della sede territoriale di riferimento.