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Collegato lavoro – Le prime indicazioni operative del Ministero del Lavoro

di Unindustria Calabria

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito le prime indicazioni operative in merito alle disposizioni del c.d. “Collegato Lavoro” – Legge n. 203/2024 (cfr. notizia del 13 gennaio 2015 dal titolo “Collegato Lavoro: le novità in vigore dal 12 gennaio 2025”).

Queste le principali novità.

DIMISSIONI DI FATTO

Con riferimento alla norma che introduce la procedura per le cc.dd. “dimissioni di fatto”, la Circolare ha confermato i seguenti punti:

1) il termine di legge di 15 giorni di assenza, che può determinare l’avvio della procedura, può intendersi come giorni di calendario, e ciò vale anche per l’eventuale diverso termine stabilito dalla contrattazione collettiva, salvo un’espressa previsione in senso contrario;

2) il dies a quo da cui far decorrere il termine di 5 giorni per la comunicazione UNILAV di cessazione del rapporto coincide con il giorno della comunicazione all’ITL, da parte del datore di lavoro, della volontà di avvalersi della procedura;

3) il datore di lavoro non è tenuto, per il periodo di assenza ingiustificata, al versamento della retribuzione e dei relativi contributi;

4) il datore di lavoro potrà trattenere dalle competenze di fine rapporto un importo equivalente all’indennità sostitutiva del preavviso dovuto dal lavoratore;

5) la procedura non è applicabile ai casi previsti dall’art. 55 D. Lgs. 151/2001 (lavoratrice durante il periodo di gravidanza, lavoratrice madre o lavoratore padre durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni della proposta di incontro con il minore adottando ovvero della comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento). In tali ipotesi si applica la procedura che prevede la convalida obbligatoria presso l’ITL competente. Difforme rispetto a quanto affermato nel documento del 19 dicembre è invece l’interpretazione fornita dal Ministero con riferimento all’individuazione di un diverso termine per l’avvio della procedura da parte della contrattazione collettiva. In base alla Circolare, il diverso termine individuato dalla contrattazione collettiva:

a) potrà essere solo superiore rispetto ai 15 giorni previsti dalla legge;

b) non può coincidere con quelli cui la contrattazione collettiva vigente ricollega sanzioni disciplinari di tipo “espulsivo” (licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo). Secondo il ministero, quindi, ove esistano norme collettive che riconducano ad una assenza ingiustificata protratta nel tempo, di durata anche inferiore ai 15 giorni, conseguenze di tipo disciplinare, queste sono utilizzabili solo per attivare la procedura di licenziamento prevista dall’art. 7 della legge n. 300/1970.

PERIODI DI PROVA NEI CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO

Per quanto riguarda la disposizione che ha modificato l’art. 7, 2° comma, D.Lgs. 104/2022, in materia di periodo di prova nei contratti a termine, la Circolare conferma che:

  • il criterio generale per calcolare la durata della prova, conformemente al principio di proporzionalità, è quello di un giorno di effettiva prestazione ogni quindici di calendario;
  • in ogni caso, la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi. Tali limiti non sono derogabili neppure dalla contrattazione collettiva;
  • per quanto riguarda, invece, i contratti di durata pari o superiore a 12 mesi l’unico criterio per calcolare la durata del periodo di prova è quello generale di un giorno di effettiva prestazione ogni quindici di calendario, con ciò chiarendo i dubbi interpretativi sollevati da alcuni interpreti, in base ai quali la norma non sarebbe stata applicabile ai contratti di durata pari o superiore ai 12 mesi per la mancata indicazione di limiti minimi e massimi. La Circolare ha adottato una soluzione interpretativa prevedendo che per “disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva” devono intendersi soltanto le disposizioni che prevedano una minore estensione del periodo di prova rispetto ai termini di legge.

STAGIONALITA’ – ATTIVITA STAGIONALI

Con riferimento alla norma di interpretazione autentica sulla definizione di lavoro stagionale (art. 11 L. 203/2024), la Circolare conferma il fatto che la stessa – vista l’efficacia retroattiva propria di tutte le norme di interpretazione autentica – si applichi anche alle definizioni di lavoro stagionale contenute nei contratti collettivi, ex art. 51 D. Lgs. 81/2015, stipulati prima dell’entrata in vigore del “Collegato Lavoro”. E quindi rientrano nelle attività stagionali oltre a quelle indicate dal DPR 7-10-1963, n. 1525, anche le attività organizzate per far fronte ad intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché ad esigenze tecnico produttive o collegate a cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore del collegato lavoro; è stata così garantita la libertà della contrattazione collettiva di individuare ipotesi di stagionalità aderenti alle specifiche realtà produttive. E’ stata inoltre confermata l’interpretazione di Confindustria secondo cui il riferimento ai contratti stipulati dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative nella categoria deve essere letto tenendo conto del richiamo, generale, all’art. 51 D. Lgs. 81/2015 che, come noto, si riferisce a tutti i livelli di contrattazione collettiva. Pertanto, a definire la stagionalità possono essere anche i contratti stipulati a livello aziendale con le RSU/RSA (gli uffici delle vostre associazioni territoriali di riferimento sono a disposizione per ogni supporto per la stipula di tali contratti).

Sul punto si legge inoltre che “Spetterà alla contrattazione collettiva chiarire specificamente – non limitandosi ad un richiamo formale e generico della nuova disposizione – in che modo, in concreto, quelle caratteristiche si riscontrino nelle singole attività definite come stagionali, al fine di superare eventuali questioni di conformità rispetto al diritto europeo (cfr. direttiva 1999/70/CE sul contratto a tempo determinato)”. Pertanto, è necessario che l’autonomia negoziale collettiva in materia venga esercitata in modo chiaro e puntuale, tenendo conto delle caratteristiche che, in base alla norma, le attività stagionali devono necessariamente soddisfare per essere considerate tali ai fini della specifica disciplina prevista in materia. Ricordiamo che i contratti a termine per attività stagionali godono di particolari esenzioni rispetto ai vincoli previsti in via generale per quelli a tempo determinato: non sono soggetti al limite complessivo di durata dei 24 mesi (tranne diversa esplicitazione dei C.C.N.L.), sono esenti dall’obbligo di causale per proroghe e rinnovi, non devono rispettare il cosiddetto stop – go (intervalli minimi tra contratto e l’altro), sono esenti dai limiti quantitativi previsti dalla legge o dai contratti collettivi (tranne previsione diversa dei C.C.N.L. stessi) ed il lavoratore stagionale ha un diritto di precedenza nelle successive assunzioni a termine per motivi di stagionalità. Inoltre si ricorda che per il contratto a termine per attività stagionali relativamente al contributo Naspi, sono, di recente, intervenuti chiarimenti in merito (nostra notizia del 17 marzo 2025 dal titolo “Contratto a termine per attività stagionali: chiarimenti sull’esenzione del contributo Naspi”.)

SOMMINISTRAZIONE

Per quanto riguarda le disposizioni in materia di somministrazione viene confermata l’abrogazione della disciplina transitoria che consentiva di somministrare a termine, presso lo stesso utilizzatore, il lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’Agenzia anche oltre il termine di 24 mesi. Il Ministero ha, pertanto, definitivamente chiarito che tale modifica normativa, in combinato disposto con la giurisprudenza sia comunitaria che interna sulla necessaria “temporaneità” della somministrazione a termine, “consente di superare quanto precedentemente affermato circa la possibilità che i lavoratori assunti dall’agenzia a tempo indeterminato potessero essere inviati in missione senza limiti di durata”. Inoltre, il Ministero conferma che, in base all’art. 10, comma 1, lett. b), in caso di assunzioni a tempo determinato, da parte delle agenzie per il lavoro, di categorie di lavoratori elencate nella norma (lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati) non trova applicazione l’obbligo di indicazione delle causali stabilite per le assunzioni con contratto a tempo determinato di durata superiore a dodici mesi dall’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015. La circolare introduce, in via interpretativa, una sorta di disciplina transitoria che esclude dal computo de 24 mesi (oltre i quali scatterebbe la costituzione del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore) i periodi di somministrazione antecedenti al 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore del collegato lavoro. Inoltre, si legge ancora nella circolare, le missioni in corso sulla base di contratti di somministrazione stipulati prima del 12 gennaio 2025, potranno proseguire fino alla naturale scadenza, ma non oltre il 30 giugno 2025, data finale dell’ultima proroga della norma abrogata.

SMART WORKING (LAVORO AGILE)

La disposizione apporta modifiche all’attuale normativa – fissando il termine di cinque giorni per la comunicazione dell’avvio e della cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile e delle eventuali modifiche della durata originariamente prevista, secondo le modalità individuate con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Ai fini della sua regolarità amministrativa e della prova, l’accordo per il lavoro agile deve essere stipulato per iscritto; tuttavia, il termine per la comunicazione decorre non dalla data del suddetto accordo, bensì da quello – che potrebbe essere differente – dell’effettivo inizio della prestazione di lavoro in modalità agile. Nel caso di modifica della durata originariamente comunicata, per effetto di una proroga dell’accordo – che deve intervenire prima della scadenza del termine inizialmente concordato e comunicato – il datore dovrà provvedere alla comunicazione di tale modifica entro i 5 giorni successivi alla proroga stessa. Allo stesso modo, nel caso di cessazione anticipata, la comunicazione deve essere inviata entro i cinque giorni successivi alla nuova data di conclusione. Le modalità attraverso le quali procedere alle comunicazioni obbligatorie sono già disciplinate, in passato, da decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali al quale occorre quindi continuare a far riferimento. L’inosservanza di tali modalità di comunicazione determina la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato, ai sensi dell’articolo 19, comma 3, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Il nuovo termine di 5 giorni fissato per la comunicazione obbligatoria di lavoro agile opera, a partire dal 12 gennaio 2025, per tutti i datori di lavoro privati mentre per quelli pubblici i termini sono differenti.

Per ogni supporto e chiarimenti su ognuno degli istituti evidenziati è possibile rivolgersi agli uffici della sede Territoriale di riferimento.

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