Secondo la Cassazione, commette un falso innocuo e non il delitto di falsità ideologica in atto pubblico il titolare del permesso di costruire che comunica una data di inizio lavori diversa da quella effettiva, in quanto tale dichiarazione non è destinata a provare la verità dei fatti in essa attestati.
Trattasi, infatti, di dichiarazione senza alcuna valenza probatoria privilegiata ed il cui contenuto può essere oggetto di verifica sulla effettiva situazione di fatto volta a controllare la corrispondenza dei lavori realizzati con quelli autorizzati, nonché il completamento dell’intervento edilizio alla scadenza del termine indicato nel permesso di costruire.
Per i giudici, le comunicazioni di inizio e fine lavori hanno lo scopo di agevolare l’accertamento dell’avvio e del completamento dell’intervento edilizio nei termini stabiliti dal Testo unico dell’edilizia («nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.
Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata, non può superare tre anni dall’inizio dei lavori») e di consentire agli organi deputati al controllo una tempestiva verifica sull’attività posta in essere.