Ieri il Direttore Generale di Confindustria, Francesca Mariotti, è intervenuta in audizione presso la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati nell’ambito dell’esame dello schema di decreto legislativo recante Codice dei contratti pubblici con particolare riferimento agli appalti di servizi e forniture.
La strategia di policy contenuta nello schema di Codice dei contratti pubblici (di seguito CCP) deve essere basata su azioni efficaci, tempi certi di attuazione ed interventi incisivi per dare impulso agli investimenti, compresi quelli del PNRR.
Trovandosi all’interno del quadro delle riforme richieste dal Next Generation UE, l’attuale riforma del Codice deve creare le condizioni per una maggiore capacità di spesa delle risorse pubbliche, ma anche una capacità di investimento tale da traguardare la transizione tecnologica, digitale e sostenibile del Paese.
In premessa, Confindustria esprime apprezzamento per una scelta di fondo: far precedere l’articolazione degli istituti da un quadro di principi e restituire al Codice la funzione di strumento per acquisire, sul mercato, beni e prestazioni, superando “eterogenesi” dettate da finalità come il contrasto all’illegalità o ai fenomeni corruttivi, in sé pienamente condivisibili, ma che non possono trovare soluzione nelle norme sugli appalti.
Nel merito, Confindustria ritiene anzitutto opportuno evidenziare che gli appalti di servizi e forniture assumono, in questo contesto, un rilievo estremamente significativo nell’economia nazionale, sia in ragione del loro valore economico, sia in considerazione del rilievo strategico per il funzionamento dell’amministrazione pubblica e della sua attività di prestazione anche a favore delle imprese.
Considerando che la riforma è finalizzata a restituire alle disposizioni codicistiche semplicità e chiarezza di linguaggio, è necessario intervenire in questa sede perché i contratti pubblici riferiti ai servizi e alle forniture abbiano una propria specificità e un proprio riferimento nell’ordinamento e nei criteri di semplificazione. In questa direzione, sarebbe utile iniziare almeno un lavoro di separazione applicativa tra settori totalmente diversi tra loro i cui riflessi normativi possono essere molto diversi e addirittura creare in alcuni casi dei veri e propri “problemi applicativi”.
Per questo, una legislazione ad hoc per gli appalti di servizi, da integrare nel Codice, appare disattesa ma rimane un’istanza altamente auspicabile e necessaria.
VALUTAZIONI GENERALI E PROPOSTE
Il testo appare strutturato in modo chiaro e leggibile. È evidente che l’obiettivo sia stato di adeguare la disciplina dei contratti pubblici a quella del diritto europeo, ai principi espressi nel corso degli anni dalla giurisprudenza e soprattutto di ridare l’organicità e la sistematicità perdute a seguito delle continue modifiche introdotte.
E’ positivo che il nuovo Codice contenga molte norme “autoesecutive”, senza rinvii ad altri testi di legge.
Al contempo, sarebbe limitativo valutare l’efficacia del Codice solo sulla base della capacità dello stesso di accelerare le procedure per sbloccare gli investimenti pubblici: per rilanciare l’economia del nostro sistema-Paese, l’attenzione non può essere focalizzata esclusivamente sul “quanto compro”, ma anche e soprattutto sul “cosa compro”.
Il nuovo Codice dovrebbe mettere a punto un quadro di riferimento grazie al quale tutti gli attori economici siano messi nelle condizioni di sostenere la imprescindibile transizione digitale, tecnologica e sostenibile: sono questi i pilastri da cui dovrà necessariamente partire qualsiasi ragionamento e che dovranno guidare ed ispirare i principi e la disciplina del nuovo Codice dei contratti. La transizione tecnologica e sostenibile impone acquisti ed investimenti oculati e lungimiranti e tarati sui fabbisogni di innovazione della PA.
Entrando nel merito del provvedimento, sono quattro i principali profili di attenzione in merito al percorso di revisione e attuazione della riforma degli appalti pubblici:
- è necessario che le stazioni appaltanti e gli operatori economici possano disporre di un sistema di norme completo e di immediata attuazione;
- è auspicabile che si preveda un periodo congruo di stabilità del quadro normativo degli appalti;
- sarebbe quanto mai opportuna la possibilità di spostare in avanti l’entrata in vigore del Codice, prevista per il 31.03.2023. Occorre evitare uno shock regolatorio, un’eccessiva discontinuità rispetto al PNRR, nel momento peraltro di sua massima attuazione, che rischierebbe di rallentare, se non bloccare l’esecuzione delle opere. Una vacatio legis di 12 mesi, negoziata con le Istituzioni europee, consentirebbe a tutti gli operatori di acquisire dimestichezza e conoscenza delle novità e rappresenterebbe una misura di buon senso nell’ottica della sollecita attuazione del PNRR;
- disegnare e soprattutto attuare un vero modello di Governance del Codice Appalti che sia in grado di effettuare una costante ricognizione sullo stato di attuazione delle norme e sulle eventuali difficoltà che potranno riscontrare le stazioni appaltanti nella fase di applicazione, è essenziale anche per proporre soluzioni correttive e di miglioramento.