Per il secondo anno consecutivo il Sud cresce più della media del Centro-Nord (+0,9% contro + o,7%). Lo certifica il rapporto Svimez illustrato a Roma nei giorni scorsi, sottolineando però che i rapporti di forza rischiano di tornare in squilibrio perché si stanno affievolendo la spinta del Pnrr sulle costruzioni, le politiche di sostegno ai redditi e anche l’effetto trascinamento dell’ultimo anno di spesa del ciclo 2014-2020 dei fondi Ue.
Sono intervenuti alla presentazione del 51° Rapporto Svimez il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, il ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare Nello Musmeci, il neo presidente Anci Gaetano Manfredi, il vicepresidente di Confindustria Natale Mazzuca, la presidente dell’Ance Federica Brancaccio, la segretaria generale Fp Cgil, Serena Sorrentino. I lavori sono stati introdotti dal direttore generale dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria del Mezzogiorno Luca Bianchi e conclusi dal presidente Adriano Giannola.
Gran parte della crescita del Sud, secondo le analisi presentate, è merito del settore delle costruzioni e in parte ai servizi: nel 2024 le costruzioni al Sud crescono de14,9% contro il 2,7% del resto del Paese, in un contesto che vede invece i consumi delle famiglie tornare in negativo (-0,1% contro +0,3% del Centro-Nord). Per effetto del superbonus nel 2021-2022 e, dal 2023, grazie all’avvio dei cantieri del Pnrr, le costruzioni sono state decisive con un balzo per gli investimenti, pubblici e privati, de140,7% in termini reali nel periodo 2019-2023.
A politiche invariate, secondo lo Svimez, il Mezzogiorno tornerà a crescere meno del Centro-Nord (+0,7% contro 1%) confermando questa tendenza anche nel 2026 (+0,8% contro 1,1%). L’inversione di tendenza potrebbe arrivare dal percorso di rientro dal deficit che si preannuncia particolarmente significativo. “Un primo indizio, osserva l’associazione Svimez presieduta da Adriano Giannola, è contenuto nel disegno di legge di bilancio, trasmesso dal governo al Parlamento, che determina per il Mezzogiorno una riduzione di stanziamenti pari a circa 5,3 miliardi nel triennio e, inoltre, dispone la fine della decontribuzione sugli occupati al 31 dicembre 2024. L’abrogazione della decontribuzione comporterà una riduzione di due decimi di punto della crescita del Pil dell’area e di tre decimi dell’occupazione, con circa 25mila posti di lavoro”.
Soltanto in parte le risorse tagliate alla decontribuzione sono state girate a un Fondo per agevolare gli investimenti in beni strumentali, che tuttavia è ancora indefinito e legato a un futuro decreto attuativo.
Secondo Natale Mazzuca, vicepresidente di Confindustria per le Politiche strategiche per lo sviluppo del Mezzogiorno, intervenuto alla presentazione del Rapporto, «la nuova misura dovrà rivelarsi altrettanto efficace nell’attenuare i gap di competitività, semplice allo stesso modo nell’utilizzo e dovrà riguardare l’intero apparato produttivo meridionale. Un intervento che dovrebbe inserirsi all’interno di una visione strategica, che liberi e accompagni la capacità competitiva e i segnali di vitalità che il Mezzogiorno ha mostrato dalla pandemia in poi”.
Del resto, anche se i dati congiunturali recenti sono positivi, la Svimez rivela la persistente fragilità dell’occupazione. A metà 2024, in Italia i livelli occupazionali hanno superato quelli del 2019 del 3,2% mentre nello stesso periodo il Sud è salito del 5,4% e nell’ultimo triennio lo stock occupazionale dell’area è tornato ai livelli del 2008, mai recuperati fino a tutto il 2019. Eppure anche qui c’è un merito da attribuire in larghissima parte alle costruzioni e le differenziazioni tra singole regioni meridionali sono marcate. Soprattutto, a parere della Svimez, la spinta dell’occupazione è in parte offuscata dal crollo del potere d’acquisto dei salari, con una riduzione in termini reali del 5,7% al Sud (-4,5% al Centro-Nord) dalla fine del 2019. La solidità del mercato del lavoro resta deficitaria, con tre milioni di lavoratori sottoutilizzati o inutilizzati e il valore dei disoccupati, scoraggiati e sottoccupati è più che doppio rispetto al resto del Paese.
“La crescita economica del Mezzogiorno è stata trainata finora solo da misure straordinarie e quindi non durature. Temiamo che dopo il Pnrr ci sarà una brusca frenata se non interveniamo subito sulle principali leve della crescita, a cominciare dai giovani, la vera risorsa che però continua a calare” ha affermato la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio che ha sottolineato la necessità di una prospettiva non solo per il settore ma per l’intero Paese.