I recenti progressi dell’economia italiana sono in linea o perfino superiori a quelli indicati dal CSC nello scenario di metà giugno.
Nell’industria produzione, fatturato e ordini accelerano, tirati dalla domanda interna come prova il balzo dell’import.
L’occupazione è ripartita e consolida fiducia e capacità di spesa delle famiglie. Gli indicatori danno investimenti in recupero. L’offerta di credito si allenta e le misure appena varate per smaltire le sofferenze aiuteranno il rilancio dei prestiti bancari. Inoltre, le condizioni internazionali sono ancora più favorevoli di quelle incorporate nelle ultime previsioni CSC.
Il petrolio è del 10% più basso e, con il ritorno del greggio iraniano, tenderà a scendere. Il cambio dell’euro contro dollaro è sceso del 5% e l’avvio, sempre più vicino, della normalizzazione della politica monetaria della FED lo schiaccerà ulteriormente. L’acquisto di titoli da parte della BCE ripiegherà i tassi di mercato.
La ripresa nell’Eurozona si sta consolidando e l’export del Made in Italy già ne beneficia. E’ ormai evidente la ripartenza della locomotiva USA. Il commercio globale è tornato ad aumentare. Grazie all’accordo in extremis, non ci sarà alcun contagio dalla Grecia; sebbene la reazione dei mercati avesse fatto capire che sarebbe stato contenuto, nell’attuale contesto di fragilità economica correre quel rischio sarebbe stato delittuoso. Resta il timore di una frenata più marcata dei paesi emergenti.
La violenta correzione della Borsa in Cina non aiuta il difficile passaggio ai consumi del testimone dello sviluppo; finora, però, il dirigismo delle autorità ha pilotato un atterraggio morbido. Si approfondisce la recessione in Brasile. Quella in Russia, invece, si sta attenuando e ciò conforta l’attesa del ritorno all’espansione nella seconda metà del 2015. La priorità dell’Italia è rafforzare la lenta risalita dell’economia proseguendo lungo la strada delle riforme strutturali, inclusa la riduzione del carico fiscale che zavorra la competitività delle imprese.