Il decreto correttivo del Codice degli appalti ha trovato un suo assetto definitivo. Raddoppia da uno a due milioni il tetto per l’applicazione del massimo ribasso.
A due condizioni.
La prima è che si tratti di una procedura di aggiudicazione ordinaria, dunque una gara. Elemento che a prima vista sembrerebbe escludere la possibilità di aggiudicare al massimo ribasso le procedure negoziate che il codice ammette fino a un milione e che sono molto gettonate dalla PA.
Un paletto, questo che, se confermato, rischia di depotenziare parecchio l’impatto di questa innovazione.
Meglio: bisognerà vedere se, nell’intervallo compreso tra 40mila euro e un milione, le stazioni appaltanti preferiranno il binomio massimo ribasso con gara o procedura negoziata con offerta più vantaggiosa.
La seconda è che a base di gara venga messo un progetto esecutivo.
Senza margini di intervento dell’impresa sulla progettazione. Anche qui bisognerà capire quale opzione sceglieranno le amministrazioni nei casi di interventi di manutenzione, che in base al correttivo possono essere aggiudicati anche sul progetto definitivo.
Sale il numero delle imprese da invitare alle procedure negoziate. Ma solo per i lavori: tra 40mila e 150mila euro si sale da 5 a 10; tra 150mila e un milione si passa da 10 a 15.
Confermato l’innalzamento del tetto da 30% a 49% per il contributo pubblico ed eliminato, per le operazioni di partenariato, l’obbligo di chiudere il contratto di finanziamento con le banche («closing») entro 12 mesi.
L’Anac perde sia l’autonomia organizzativa che il potere di raccomandazione vincolante nei confronti delle amministrazioni.
Salta anzitutto la riserva del 50% dei posti alle PMI locali nelle procedure negoziate di importo inferiore al milione.
Salta anche il subappalto gara per gara.