Una recente sentenza della Corte Costituzionale conferma la linea dura contro gli operatori economici non in regola con il fisco. La soglia fissa di 5.000 euro per le violazioni tributarie gravi è legittima e perfettamente in linea con il dettame costituzionale: lo ha stabilito la Consulta, rigettando le obiezioni sollevate dal Consiglio di Stato.
In particolare la Consulta ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 80 del D.Lgs. 50/2016, nella parte in cui dispone l’esclusione automatica dalle gare pubbliche degli operatori economici con violazioni fiscali gravi e definitivamente accertate di importo superiore a 5.000 euro.
La Consulta ha inteso valorizzare la ratio di tutela dell’affidabilità fiscale negli appalti pubblici, richiamando i principi di parità competitiva e correttezza delle procedure di gara.
Di qui ne deriva che la soglia fissa prevista non può ritenersi né irragionevole né sproporzionata, in quanto coerente con l’art. 57 della direttiva comunitaria 2014/24/UE, che impone agli Stati membri l’esclusione obbligatoria dalle procedure in caso di violazioni fiscali definitivamente accertate, a meno che non si tratti di “piccoli importi”.
Nel dettaglio, quindi, la misura:
- non può considerarsi sproporzionata, in quanto la soglia di 5.000 euro rappresenta un certo grado di significatività del debito fiscale, al di sopra del quale il legislatore ha ritenuto di non consentire la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici;
- è non manifestamente irragionevole, in quanto – anzi – contempera l’esigenza di trattare con severità, come richiesto dalla normativa europea, gli operatori economici che hanno commesso violazioni fiscali definitivamente accertate con la possibilità di consentirne comunque la partecipazione a fronte di violazioni di importo non significativo.
Viene così respinta la tesi del Consiglio di Stato che aveva sollevato dubbi di costituzionalità, ritenendo eccessivamente rigida la soglia fissa e priva di una graduazione legata alla gravità effettiva della violazione o all’entità dell’appalto.
Si evidenzia, comunque, che la questione non riguarda le irregolarità fiscali non definitivamente accertate, che, grazie anche all’azione dell’Ance, si considerano “gravi” se di importo pari o superiore al 10% del valore dell’appalto e, comunque, non inferiore ai 35mila euro. Per queste, quindi, resta ferma la soglia di gravità della violazione commisurata al valore dell’appalto e nel rispetto del suddetto limite minimo.
In definitiva, la Corte Costituzionale conferma la piena legittimità della soglia dei 5.000 euro come criterio per garantire l’integrità delle imprese partecipanti agli appalti pubblici, tutelando l’interesse generale e assicurando una concorrenza leale.
Per maggiori approfondimenti e necessità di chiarimenti è possibile rivolgersi agli uffici della sede Territoriale di riferimento.