Nell’ambito dell’avvalimento la stazione appaltante non può richiedere a pena di esclusione il possesso della SOA in capo all’impresa principale (c.d. ausiliata), essendo sufficiente che la SOA sia posseduta esclusivamente dall’impresa ausiliaria.
La relativa clausola che imponga tale possesso all’impresa principale va considerata nulla e non semplicemente annullabile, con la conseguenza che ai fini dell’impugnazione non valgono i termini previsti per l’ipotesi dell’annullabilità. Con queste affermazioni il Consiglio di Stato interviene circoscrivendo i poteri limitativi cui la stazione appaltante può ricorrere in ordine all’utilizzo dell’avvalimento.
Una clausola di questo tipo delinea un vero e proprio divieto – sia pure mascherato – di utilizzare l’istituto dell’avvalimento, in aperto contrasto con la relativa normativa nazionale e comunitaria. La nullità discende direttamente dal Codice degli Appalti che i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dallo stesso Codice e da altre disposizioni di legge, sancendo che dette prescrizioni, se inserite, sono da considerarsi nulle.
Trattandosi di clausola nulla e non semplicemente annullabile non opera il termine di impugnazione di trenta giorni decorrente dalla pubblicazione del relativo provvedimento di esclusione. Trova invece applicazione la specifica disciplina prevista dal Codice del processo amministrativo in base alla quale la domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge si deve proporre entro il termine di decadenza di 180 giorni, decorrente sempre dall’avvenuta conoscenza del provvedimento ritenuto affetto da nullità.