Il costruttore è tenuto a realizzare tutte le opere descritte dal contratto di appalto, ma non è obbligato a realizzare le prestazioni previste nella documentazione allegata al progetto se non espressamente richiamate dal contratto. E’ quanto ha precisato la Corte di Cassazione con recente sentenza.
Per mettere in dubbio un contratto di appalto, si legge nella sentenza, «occorre distinguere tra difformità totale e parziale» rispetto al progetto.
Nel primo caso «che si verifica quando l’edificio realizzato sia radicalmente diverso per caratteristiche tipologiche e volumetriche, l’opera è da equiparare a quella realizzata in assenza di concessione». Qui la conseguenza è «la nullità del contratto».
Nel caso di difformità parziale, ossia quando «la modifica concerne parti non essenziali del progetto», non c’è nullità. La conseguenza è che il costruttore è tenuto «esclusivamente al rispetto delle prescrizioni contenute nel titolo autorizzativo e di quelle, eventualmente diverse o ulteriori, derivanti dal contratto sottoscritto dalle parti, senza che gli si possano opporre tutte le prescrizioni contemplate nella cospicua documentazione allegata al progetto di realizzazione dell’edificio» nel caso in cui «non siano, appunto, state espressamente richiamate nel contratto di appalto».