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Al Parco Archeologico di Sibari l’incontro su come coltivare giustizia e legalità

di Unindustria Calabria

L’idea di legalità, come strada di accesso alla bellezza, è stato l’oggetto dell’incontro su “giustizia e legalità” per i ragazzi dei licei di Cassano e Corigliano-Rossano che si è tenuto al Parco di Sibari nell’ambito del progetto “Di genio e meraviglie: percorsi tra mito e cronaca, bellezza e mafia”.

Introdotti dal direttore del Parco archeologico di Sibari, Filippo Demma, sono intervenuti S.E. Monsignor Francesco Savino, Vescovo di Cassano all’lonio e Vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, il dott. Alessandro D’Alessio, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Castrovillari, il dott. Fortunato Amarelli, Presidente di Confindustria Cosenza e componente del Consiglio di amministrazione del Parco di Sibari, il Ten. Giacomo Geloso, Comandante del Nucleo dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza e il prof. Domenico Roseti, del direttivo cassanese dell’associazione Libera.

Di come si sia arrivati alla bruttezza (intesa come questione meramente estetica) e alla bruttura (intesa come questione di eticità e moralità del comportamento umano) e di come, invece, l’essere umano debba aspirare alla bellezza, ha discusso il Vescovo di Cassano nel corso della prima relazione della giornata. Savino, citando Dostoevskij, ha ricordato come sia vero che la bellezza salverà il mondo ma questa, allo stesso tempo, vada coltivata. «Bisogna – ha rimarcato – vivere nel mondo seguendo due princìpi più volte ricordati da Papa Francesco. Il primo è che “la realtà è più dell’idea” mentre il secondo è che “il tempo è più dello spazio” perché i fatti, la realtà, devono essere più importanti delle parole mentre il tempo è più importante dello spazio perché attiva quei processi che portano al cambiamento». Secondo il presule sibarita, per capire la Calabria si deve immaginare un triangolo isoscele dove i due lati uguali simboleggiano la ’ndrangheta e la massoneria deviata, mentre la base diseguale è rappresentata da quella classe politica che agisce, seguendo la lezione di Max Weber, secondo un’etica della convenienza. A saldare questa rappresentazione geometrica insana vi è una illegalità, una ignoranza di base che caratterizza la gran parte degli elettori. Ragion per cui, per sradicare questo sistema basato sulla gestione di un consenso insano, bisogna studiare e stare dalla parte della giustizia.

Di come la legalità rappresenti la strada maestra verso la giustizia e la bellezza e di come la corruzione neghi il futuro hanno dibattuto sia il Procuratore D’Alessio che il presidente Amarelli che hanno ha invitato i ragazzi a considerare la legalità come un modo per essere liberi. Ricordando Rosario Livatino, “giudice ragazzino” assassinato nel 1990 dalla Stidda siciliana su una strada provinciale di Agrigento, il procuratore ha spiegato come chi occupi una posizione come la sua deve avere chiare le prerogative della professione e avere un’alta concezione del ruolo. «Bisogna paragonare – ha spiegato agli studenti – l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine all’agire del chirurgo che quando interviene, può causare dolore anche se è un intervento volto a risolvere i problemi e ad avviare verso una cura. L’ideale è invece prevenire il male e non arrivare ad aver bisogno del chirurgo». Una consapevolezza nella quale prende forma proprio la legalità.

E proprio di questa etica del lavoro e della giustizia da cui deve prendere le mosse chiunque voglia fare impresa sana in Calabria e nella Sibaritide, ha discusso Fortunato Amarelli che ha spiegato ai ragazzi come in Calabria si possa fare impresa sana e redditizia restando nelle regole senza cedere al malaffare, ma sfruttando le opportunità di un territorio che presenta condizioni favorevoli come un costo della vita e della manodopera più basso che altrove. «Nel caso di noi imprenditori – ha rimarcato – la legalità va intesa come certezza delle regole e un quadro normativo definito ed equo nel quale inserire l’attività professionale e produttiva».

Dopo un breve intervento di Mimmo Roseti, in rappresentanza di Libera – associazioni, nomi e numeri contro le mafie in cui è stata ribadita la vicinanza dell’associazione alle istituzioni e di come legalità faccia anche rima con partecipazione, conclusioni affidate al Tenente Giacomo Geloso che ha raccontato ai ragazzi di cosa si occupi, nel dettaglio, il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. La Bellezza salverà il mondo, ma va a sua volta protetta, tutelata e spesso essa stessa “salvata”. Il Comandante ha così raccontato il ruolo del suo nucleo in queste azioni di tutela e salvataggio della bellezza ed ha concluso passando in rassegna le operazioni compiute negli ultimi vent’anni dai militari e le tante opere recuperate e restituite sia ai legittimi proprietari e sia allo Stato.

«Tutte testimonianze fondamentali – ha detto in conclusione il Direttore Demma – che hanno fatto ben comprendere agli studenti come, al Parco archeologico di Sibari, per mezzo della cultura si voglia creare una mentalità orientata alla legalità per arrivare, infine, alla vera bellezza intesa come essenza di tutto ciò che ci sta intorno. E come miglioramento della qualità del nostro vivere quotidiano».

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