La corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata, in via pregiudiziale, sulla modifica dei contratti di appalto dopo l’aggiudicazione della gara.
In particolare, ha affermato, con recente sentenza, che l’articolo 2 della direttiva 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, a tale appalto non può essere apportata una modifica sostanziale senza l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione. Ciò, anche nel caso in cui tale modifica costituisca una modalità di composizione transattiva comportante rinunce reciproche per entrambe le parti, allo scopo di porre fine ad una controversia sorta a causa delle difficoltà incontrate nell’esecuzione di tale appalto.
Tuttavia, aggiunge la Corte, il caso sarebbe diverso se tale modifica fosse stata prevista dalle clausole dell’appalto iniziale. Infatti, sebbene il rispetto del principio della parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza debba essere garantito anche riguardo agli appalti pubblici particolari, ciò non impedisce all’amministrazione di prevedere espressamente, nei documenti di gara, la facoltà di adeguare talune condizioni, anche importanti, dopo l’aggiudicazione. Prevedendo esplicitamente tale facoltà e fissandone le modalità di applicazione in detti documenti, l’amministrazione aggiudicatrice garantisce che tutti gli operatori economici interessati a partecipare a tale appalto ne siano a conoscenza fin dall’inizio, e si trovino dunque in condizione di parità nel momento della formulazione dell’offerta.
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